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domenica 3 febbraio 2013

I Social Network fanno la spia?

E' risaputo e non è affatto impossibile. I governi (soprattutto quelli autoritari), le istituzioni e le autorità varie, richiedono ai maggiori social network, Google, Twitter, Facebook, Skype, di conoscere dati specifici. 
Per quanto riguarda i governi autoritari, specificatamente per monitorare gli attivisti politici o potenziali tali contrari alle linee governative ma,  in genere per mantenere anche la sicurezza delle lobby e quant'altro. Non è difficile immaginare chi possa chiedere dati del genere e per quale motivo. 
E questi Social Network, finora, sono stati i maggiori centri di raccolta ai quali ognuno di noi ha affidato i suoi dati personali, informazioni, foto, di tutto di più. Se riflettiamo solo un attimo, non è fantascientifico immaginare che potremmo essere in balìa di chiunque e in casi estremi non ci sarebbe nessuna difesa possibile per noi.

Per tornare all'argomento e a quanto realmente accade, senza mettere in mezzo il fantascientifico, diciamo subito che Google fornisce dal 2010 periodicamente un Transparency Report attraverso il quale in forma su quanti dati sono stati richiesti. Pare esserci stato un aumento esponenziale di richieste dati. Anche dall'Italia che nel 2009 erano 550 e oggi sono 850. Nel caso dell'Italia, per esempio, Google ha accettato di fornire il 34% delle richieste. Perché va detto che Google, così come gli altri Social Network, può accettare o meno di fornire dei dati alla pubblica amministrazione. 
La stessa cosa vale per Twitter che ha avuto molte meno richieste e che a quelle dell'Italia non ha risposto.
Relativamente a Facebook e Skype, finora hanno fatto orecchie da mercante per ciò che riguarda i report sulle richieste dati. 
In ogni caso, è bene ricordare che nessuno dei Social Network si è mai mosso spontaneamente se non grazie a forti e costanti pressioni di associazioni di trasparenza internazionali che nel mondo si sono attivate per cercare di avere chiara una situazione che lavora a livello sotterraneo già da moltissimo tempo e della quale qui, su questo blog, noi abbiamo avuto modo di parlare non raramente.
Per questo il nostro motto è 
RIMANERE AGGIORNATI PER RIMANERE LIBERI!

E non è affatto un tentato allarmismo. Oggi abbiamo modo di rimanere aggiornati proprio grazie alla rete e ai Social Network o al WEb 2.0 o ai quotidiani on line o a  cosa altro vi pare. Ma sappiamo che si sta tramando per privarci di questi strumenti. E quando ce ne accorgeremo, potrebbe essere tardi. 
Capiamo anche che con tanti stimoli e input, paradossalmente è addirittura anche più difficile rimanere aggiornati ma è un nostro dovere per non togliere ai nostri figli  quella libertà che i nostri padri hanno conquistato a costo della stessa vita. Perciò

RIMANETE AGGIORNATI PER RIMANERE LIBERI! 
Seguite anche il nostro sito, dove potete visionare il nostro catalogo e scegliere le opere da valutare. 
Dateci il vostro feedback. 

giovedì 17 gennaio 2013

Diritti d'autore anche per le foto su Twitter?

Non si sa, ma c'è una diatriba in corso della quale si sta occupando un giudice di New York e possiamo stare certi che, in qualsiasi senso si pronuncerà il giudice, le sue parole costituiranno un precedente.

Il fotografo Daniel Morel si è visto pubblicare, a fini commerciali, alcune sue foto riguardanti il terremoto del 2010 ad Haiti dal Washington Post che, a sua volta, le aveva avute dall'agenzia fotografica Getty Images, alla quale è abbonato, che a sua volta ancora le aveva avute da AFP (Agence France Press).

Dunque la AFP sostiene che, essendo state postate su un social network, le foto potevano essere pubblicate da chiunque senza violare il diritto d'autore.
Il giudice sostiene che le foto potevano essere ritwittate ma non pubblicate, utilizzandole addirittura a fini commerciali.

Secondo la logica e il buon senso, noi ci schieriamo con il fotografo e con il giudice. 
Sembra piuttosto giusto che postare proprie foto su Twitter o su altri social network è una nostra personale decisione ed, essendo noi, il nostro account, raggiungibili solo da  una cerchia, seppur numerosa, di persone fra conoscenti ed amici, è chiaro che se pubblichiamo qualcosa questo rimane in un ambito delineato. 
Il fatto che lo pubblichi il Washington Post e/o un'agenzia di stampa internazionale o che appaia sul catalogo di una agenzia fotografica piuttosto famosa, lo sottopone di fatto ad una esposizione mediatica globale e fuori controllo. Certamente anche per aspetti positivi (la notorietà del fotografo, per esempio) ma pensiamo che forse chiedere un'autorizzazione poteva essere la cosa più giusta oltre che educata.
Attendiamo la sentenza anche se la data di inizio del processo non è ancora stata stabilita.

Prima o poi finiremo anche a parlare di contenuti sui social network? Che so? Un titolo, una frase, una massima? Se parliamo di Facebook, magari di un piccolo racconto di qualche riga? Potrebbe essere. 

Certo che anche in questo ambito, ci sarebbero diverse situazioni da definire e, soprattutto, ci sarebbero le sfaccettature di ogni situazione da individuare. 
Non è cosa semplice, ci rendiamo conto, ma sono cose che vanno affrontate a meno di attendere  nuovi casi che sicuramente si proporranno e creare così dei precedenti che andranno a fare scuola e legislatura. 
Internazionale, a questo punto, perché non sarà una legislatura circoscritta ai soli ambiti nazionali. Le parole volano con Internet e non è detto che ciò che si dice in Italia non venga ripetuto pari pari altrove, ben più lontano.

Continuate a seguirci su questo blog e valutate il nostro catalogo sul nostro sito www.officineditoriali.com.

RIMANETE AGGIORNATI PER RIMANERE LIBERI!

venerdì 10 agosto 2012

Self publishing: pochi che vendono molto, molti che vendono pochissimo.

Allora, diamo qualche numero sul self publishing e i conti li ha fatti al centesimo lo scrittore inglese Ewan Morrison. Ha monitorato il mercato del sefl publishing per cinque anni e poi è venuto fuori con tanto di pensieri e risultati negativi, tutti documentati.

Sostiene infatti che la storiella del marketing attraverso i social media è una bella fregatura e serve soltanto a coloro, sempre i soliti noti, che organizzano corsi di marketing multimediale e li vendono con moneta sonante...tanta moneta sonante.

Sostiene anche che la maggior parte degli scrittori in erba lavora e solo nel tempo libero (o quello che gli rimane del tempo libero visto che magari lo utilizza anche per la famiglia, i figli, le amicizie) può organizzarsi per cercare di rendere il più possibile visibile il suo libro. 
Lo fa su Facebook, lo fa su Twitter e quant'altro. Oppure si affida a qualcuno che lo fa per lui, a pagamento ovviamente. Ma a quel punto, sembra che coloro che offrono questo tipo di servizio si rivolgano alla fine ai suoi stessi amici di Facebook o ai suoi follower di Twitter. E quindi il tutto si riduce a pochi numeri senza vendere nemmeno una copia del libro.

Sostiene perfino che se ti mettessi per strada a vendere il tuo libro a pochi euro potresti ottenere molto di più.
Ora, noi siamo piuttosto guardinghi. Se ciò è vero, l'editore ha ancora una sua funzione e una sua importanza e, naturalmente, questo ci fa piacere, al di là di tutto. E abbiamo modo di credere che sia così. Altrimenti, lo scrittore in erba, chiunque esso sia, deve necessariamente dedicare del tempo, e tanto tempo, alla promozione del suo lavoro, come fanno tutti e come fanno gli editori.
Ma vi lascio al Morrison pensiero su questo link.

Officine Editoriali segue il mercato e segue le nuove forme di pubblicazione e auto pubblicazione. Un mondo che attualmente è in fermento.
Continuate a seguire Officine editoriali su questo blog e rimanete aggiornati.

mercoledì 1 agosto 2012

Facebook: il Grande Fratello

Pur di scoprire potenziali criminali, Mark Zuckerberg, il papà di Facebook, ha pensato di intercettare le conversazioni degli utenti in chat
Tecnicamente lo farebbe, o lo farà, grazie ad un software con un algoritmo adeguato. 
Quello che interessa a noi è che lo fa, punto e basta. Non ci interessa granché sapere come lo farà. 
Ci interessa invece constatare, ancora una volta, che si tenta di spiarci utilizzando tutte le strade possibili.

Tutte queste attenzioni sono rivolte, secondo loro, a prevenire potenziali azioni criminose, soprattutto nell'ambito della pedofilia e del terrorismo.
Le conversazioni intercettate da questo software verranno poi sottoposte alle valutazioni di vari personaggi addetti alla sicurezza e se degne di nota, verranno inviate alle forze dell'ordine.

Da qui si apre tutto un mondo di probabili situazioni che si potrebbero venire a creare ma soprattutto viene a mancare il vero senso della tutela della privacy
Poi, verrebbe anche da domandarsi "Chi spia chi? e "Chi PUO' spiare chi?" 
Naturalmente scivoliamo nel campo delle interpretazioni, dei concetti, dei cavilli, delle intenzioni e dei processi alle intenzioni. 

Zuckerberg e compagni comunque,  non starebbero proprio lì ad intercettare tutte le persone che assiduamente si connettono via Facebook, ma lo farebbero specialmente con coloro che si connettono sporadicamente perché ritengono che sarebbero proprio questi a connettersi al social network per scopi illeciti e truffaldini.
Detto che chi agisce in maniera illecita trova  e troverà comunque sempre il modo di farlo e di comunicare, rimane il fatto che ci viene il forte, fortissimo dubbio che alla fine gli scopi di chi intercetta non siano proprio quelli di intercettare i criminali o potenziali tali. O, comunque, non solo loro. 
E allora torniamo al discorso della tutela della nostra libertà. Questa è veramente la cosa da tutelare. E immagino che dobbiamo pensarci noi rimanendo aggiornati e allerta.

Officine Editoriali si occupa di questi temi e continuerà a farlo.
Continuate a seguire Officine Editoriali su questo blog e rimanete aggiornati.

lunedì 23 aprile 2012

Forze potenti minacciano la libertà del web

Non è difficile ipotizzarlo visto come sta andando il mondo e come in pochi pretendano di governarlo, dalla finanza alla rete. 
Ci provano già ora i governi vari e i regimi totalitari ci riescono, naturalmente. 
Anche in Italia ci hanno provato in vari e varie volte. 
Il popolo del web si è ribellato con forza e per ora sembrano rientrate tutte le idee velleitarie fin qui sfoggiate.

Ma la denuncia arriva nientedimeno che da Sergey Brin, co-fondatore insieme a Larry Page, di Google il quale sostiene che i principi di apertura e di accesso universale che hanno contraddistinto la creazione di Internet tre decenni fa sono seriamente minacciati come non mai e che  loro non avrebbero potuto creare il loro motore di ricerca se ci fosse stato Facebook a dominare. 
Inoltre avverte che "...esistono forze molto potenti contro Internet aperto in tutto il mondo..." e aggiunge "...Sono molto più preoccupato di quanto non lo sia mai stato...."
Brin continua affermando che la libertà di Internet è minacciata da una combinazione tra i governi che cercano di controllare l'accesso a Internet e le comunicazioni dei loro cittadini in maniera sempre crescente, l'industria dello spettacolo che cerca di favorire leggi per bloccare i siti pirati e Facebook e la Apple che cercano di ingabbiare e limitare gli accessi controllando i software e i contenuti all'interno delle loro piattaforme.
E questa ultima dichiarazione però lascia un attimo perplessi e sorge il dubbio che Brin stia cercando di sminuire Facebook visto che è prossima ad entrare in borsa.
Anche perché, come scrive Emily Bell sul Guardian, Google non è mai stata proprio quel che si dice una azienda aperta e trasparente. Anzi sostiene che la minaccia più seria al web viene "...da quei piccoli e ricchissimi imprenditori, ferocemente attaccati ai profitti personali, che prendono decisioni poco chiare e creano sistemi opachi dai quali tutti noi dipendiamo sempre di più."

Anche in Officine Editoriali siamo preoccupati e siamo consapevoli dell'importanza che rappresenta Internet e la rete per ognuno di noi.  
Un valore inestimabile per la nostra libertà personale anche se così siamo tutti più facilmente soggetti a controlli. 
Ma la possibilità di poter comunicare in tempo reale con tutto il mondo è qualcosa di impagabile e che tutti dovremmo apprezzare.
Continuate a seguire Officine Editoriali che è sempre molto attenta a tutte le notizie che giungono sulla rete e dalla rete.
Vi terremo aggiornati anche sul lavoro che stiamo preparando per iniziare le attività di Officine Editoriali.

lunedì 5 marzo 2012

Il Salone Internazionale del Libro di Torino


Ebbene siamo stati contattati dal Salone Internazionale del Libro di Torino per l'eventuale partecipazione all'evento di Officine Editoriali.
Siamo lusingati ovviamente e ci piacerebbe molto, moltissimo partecipare ma siamo alla ricerca di fondi per realizzare il progetto di Officine Editoriali e, ora, dovremmo reperire fondi anche per partecipare al Salone Internazionale del Libro.

Perché, diciamoci la verità, non è che dal Salone ci hanno chiamato perché meritevoli di qualcosa oppure perché siamo talmente famosi che non potevano fare a meno di chiamarci.
Ci hanno chiamati perché chiamano tutti. Spulciano i vari Facebook, Twitter, Google alla ricerca di case editrici, anche quelle ancora da costituire come Officine Editoriali.
Tanto devi pagare l'iscrizione e questo è un buon motivo per chiamarti.
Però, lo stesso, siamo rimasti lusingati e abbiamo pensato che comunque vale la pena almeno di provare a reperire i fondi per fare un salto a questo evento così importante e così internazionale, anche.
E poi, abbiamo pensato che sarebbe anche interessante partecipare soprattutto per Officine Editoriali che così avrebbe una bella e buona vetrina, quasi prima ancora di cominciare.

L'evento si svolgerà dal 10 al 14 Maggio prossimi. Abbiamo ancora un po' di tempo, anche se il termine ultimo per versare l'iscrizione è il 2 Aprile. Staremo a vedere.
Chiederemo e vedremo chi crederà in noi abbastanza da sponsorizzarci per Torino.

Potresti essere anche tu! Se pensi che il progetto di Officine Editoriali meriti di essere realizzato e di partecipare al Salone Internazionale del Libro di Torino, visita il sito di sottoscrizione popolare www.produzionidalbasso.com e prenota consapevolmente le tue quote. Questo ci permetterà di decidere se partecipare o no.
Grazie per il tuo aiuto!


sabato 4 febbraio 2012

Passando da Facebook a Twitter / Moving on from Facebook to Twitter


E' una condizione comune a molti di noi passare freneticamente da Facebook a Twitter quando siamo appollaiati davanti al computer.
E potremmo giustificarci che così si rimane aggiornati in tempo reale e costantemente.
Che così possiamo dire la nostra in tempo reale.
In un mondo che non sta tanto lì a sentirci, anzi, per niente, il fatto di avere Facebook e Twitter a portata di mano....ci riempie di soddisfazione e, perché no, anche un pò di potere.
Ho notato quasi con orrore che arrivano twitt a raffica, per esempio. Giri la testa e ne sono arrivati 129.
Se ci lasciamo andare, passano le ore twittando e ritwittando e cliccando sui nuovi tweet che arrivano. Poi passiamo a Facebook perché, nel frattempo, nella barra del browser, notiamo che accanto al nome Facebook c'è una parentesi con un 4 scritto. Significa che sono arrivate quattro notifiche.
Che facciamo? Non le leggiamo? La curiosità diventa tale che ci andiamo subito a cliccare sopra.
Ah! Questa fantastica tecnologia. Ci affascina e ci inorridisce. Ci attrae e ci respinge. Ci stimola e ci rimbambisce. Ci rende creativi e ci spinge all'inebetismo.
Ma una sana e giusta via di mezzo? Non è che questo modo di fare appartiene a quelle cattive abitudini che prendiamo in un secondo e che sembra che non riusciamo più a lasciare?
Certo che sì!
E allora dipende sempre da noi. Abbiamo la fortuna di poter disporre di mezzi tecnologici come mai nella storia del mondo. Ma utilizziamo sempre il 10% delle potenzialità del nostro cervello, come facevano i trogloditi (OK! Forse è una esagerazione).
A volte mi chiedo se imparassimo ad utilizzare solo un po' del restante 90% delle funzionalità del nostre cervello chissà come ci apparirebbe la tecnologia che ora è al nostro servizio.
In ogni caso, evviva la tecnologia. Specialmente per Officine Editoriali che, attraverso la tecnologia, può dare voce ai più deboli.
Continuate a seguirci su questo sito e sostenete il progetto Officine Editoriali visitando il sito di sottoscrizione popolare www.produzionidalbasso.com e prenotando consapevolmente le vostre quote.
Potete prenotare le vostre quote anche cliccando sul link in alto a destra.
Grazie per il vostro aiuto!


It's a condition shared by many of us to move frantically from Facebook to Twitter when we are perched at the computer.
And we could justify that so we remain constantly updated and in real time.
That so we can have our say in real time.
In a world that is not so much there to hear us, indeed for nothing, to have Facebook and Twitter on hand...fill us with satsfaction, and why not, even a bit of power.
I noticed almost with horror that tweets come in bursts, for example. Turn the head and it came 129.
If we let ourselves go, we spend hours tweetting and re-tweetting and clicking on new tweets coming. Then we move to Facebook because, in the meantime, we note that next to the name Facebook is a bracket with a 4 wrote. It means that arrived four notifications.
What do we do? Do not we read them? Curiosity becomes such that we immediately go to click on.
Ah! This amazing technology. It fascinates and horrifies us. It attracts and repels us. It encourages and muddle up us. It makes us creative and pushes us to the hebetude.
But a healthy and right middle road? Not that this way of doing belongs to those bad habits that we take in a second and that it seems we can not leave longer?
Yes of course!
So it always dipends on us. We are lucky to have technological tools than ever before in world history. Bu we always use 10% of the potential of our brain, as did the troglodytes (OK! Maybe it's an exaggeration).
Sometimes I wonder if we learned to use just a little bit of the remaining 90% of the functionality of our brain who knows how it would appear to us the technology that now is to our service.
In any case, hooray technology. Especially for Officine Editoriali that through technology can give voice to the weaks.
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