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giovedì 28 giugno 2012

Okay! Anzi OK!

Che vuol dire? Vuol dire che va bene. Che si può procedere. Vuol dire veramente tante cose...e non è una parola italiana. Ma perché? Il nostro "va bene" o "d'accordo" non poteva proprio andare?

Si sa, gli Italiani sono esterofili e tutto ciò che viene da oltre confine, specialmente da oltre oceano, crea un fascino irresistibile e poter aggiungere una piccola sfumatura esotica al nostro linguaggio ci distingue, davvero...ci rende...inarrivabili e improvvisamente interessanti oltre che affascinanti.
Il fatto è che OK! o Okay!, che dir si voglia, è talmente entrato nel nostro lessico che quasi, quasi non sappiamo nemmeno più come si traduca.

E poi, tante altre parole per le quali non esiste davvero una traduzione e sono considerate parole italiane a tutti gli effetti. Per esempio bar, sport, tennis. Come le tradurreste?
E poi ci sono parole, sbagliate in inglese (o che, perlomeno, in inglese non significano ciò che significano per noi), che vengono utilizzate appunto a sproposito e che divertirebbero un inglese. Sono, per esempio, slip o anche anti doping.

E' vero che con l'avvento dell'informatica, c'è stato un momento (un lungo periodo, a dire il vero, fatto di lunghi anni) in cui bisognava comunicare con il dizionario di inglese a portata di mano. Ora sembra un pò meno così anche se diversi termini sono ormai globalizzati e da lì non è che si possano assumere traduzioni senza davvero rasentare il ridicolo. Per esempio provate a chiamare il monitor in un altro modo....che so?...schermo del computer. 
Alla fine diventa anche una questione di praticità. Vuoi mettere la brevità della parola monitor con la lungaggine di schermo del computer? Tanto tempo perso inutilmente.

E dunque, perché siamo nell'era della globalizzazione, è giusto e sacrosanto conoscere altre lingue e poter comunicare con il resto del mondo. 
Così la lingua inglese è stata da sempre adottata come lingua internazionale e, dunque, impariamo l'inglese...ma, per carità, impariamo anche l'italiano, una lingua parlata dal 90% degli Italiani i due terzi dei quali hanno difficoltà a leggerla e scriverla. 
Tullio De Mauro esprime delle perplessità e delle preoccupazioni in proposito.

Tra i tanti inglesismi, non voglio dimenticare la parola welfare che, in vero, meriterebbe spazio e tempo particolari. 
Qui la vogliamo ricordare solo perché addirittura in Italia si è creato un Ministero dedicato a questa parola. 
Il Ministero del Welfare (vi ricorda per caso Maroni?). 
Ma ci pensate? Non voglio aggiungere altro. A buon intenditor poche parole.

Scusate, poi ho finito. Ma vogliamo parlare dei plurali delle parole straniere usati erroneamente e veramente a sproposito all'interno di frasi italiane? Allora, è una regola: quando si usano termini stranieri (inglesi o altro) scrivendo o parlando in Italiano non si utilizzano mai i  loro plurali. Mi raccomando!
Ciò detto, sarebbe bene continuare a proteggere la lingua italiana e, soprattutto, a saperla parlare e comprenderla.

Officine Editoriali sarà sempre attenta al significato delle parole, perché la comunicazione è importante e la comunicazione comincia dalle parole.
Continuate a seguire Officine Editoriali su questo blog e rimanete aggiornati.

giovedì 3 maggio 2012

20lin.es: creativo ed originale

Così, per caso, attraverso un giro contorto su Twitter ho scoperto 20lin.es, un sito nuovo e veramente originale.

Non c'è fine davvero alla creatività e all'originalità e penso che questo sito meriti tutta l'attenzione possibile.
Per la semplicità con cui si presenta.
Per il contenuto essenziale eppure così accattivante.
Per l'originalità che traspare dalle poche righe.

Il concetto e l'invito sono molto semplici: scrittura collettiva in 20 righe. E' così che potremmo riassumere il tutto. 
E si capirebbe. 
Non ci sarebbe bisogno di aggiungere altro se non fosse che questa idea ci piace molto, moltissimo e per questo spendiamo un post sul nostro blog.
E per questo vi invitiamo a visitare il sito http://www.20lin.es/ e a farvi la vostra idea dell'idea. 
E' un gioco di parole? Sì! Lo è! E non c'è contesto migliore per giocare con le parole.

Officine Editoriali apprezza ogni nuovo progetto che porti contenuti interessanti e intelligenti dove ognuno può sprigionare il proprio estro e la propria creatività, senza tema e senza remore.

In un mondo che cerca di imbrigliare le idee, i concetti, i pensieri.....viva le idee che remano contro.
Officine Editoriali le sosterrà sempre.
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mercoledì 18 aprile 2012

Ricominciamo dalle parole

E dal loro vero significato. Certo che la lingua italiana è andata mano a mano cambiando. Ed è ovvio e giusto anche che sia così. 
Ma proprio mi viene difficile cambiare il significato di alcune parole e soprattutto se mi soffermo su alcune altre comprendo che il loro significato non corrisponde alla realtà, ai fatti, alla vita pratica nel cui contesto queste si applicano.

Voglio fare alcuni esempi che in questo periodo storico e da diverso tempo ormai, fanno parte di un triste purtroppo vocabolario. 
Si parla tantissimo di lavoro flessibile e di lavoratori precari. Ma soffermandoci un pochino su questi due termini e specialmente riportandoli e confrontandoli alla vita reale, scopriamo nemmeno tanto difficilmente che è piuttosto il lavoro ad essere precario, nel senso che non c'è, non si trova e quando lo trovi non è affatto certo, dunque precario. Il lavoratore invece c'è, eccome se c'è. Tutto è tranne che precario. 
Mentre invece ha dovuto imparare eccome ad essere flessibile. Flessibile ai lavori vari che gli potrebbero capitare. 

Quindi mi chiedo perché si fanno confusioni tali. E soprattutto mi dico che se c'è confusione già nelle parole, figuriamoci nel resto, per esempio nel voler governare una materia di tale importanza. 
Dalle persone più competenti fino all'uomo della strada ormai questo linguaggio è diventato di uso comune ma è completamente sbagliato o, meglio, esprime il contrario di quanto si crede di dire. 
Ma seguiamo l'onda come facciamo sempre salvo riflettere ogni tanto per capire che forse non è così.

Lo stesso dicasi per la parola "piuttosto" che, fin da quando andavo a scuola, mi è stato insegnato che significa alquanto (era piuttosto carino) o preferibilmente (si muove piuttosto in bici che in auto) o meglio (vediamoci in piazza o piuttosto venite a casa mia) o invece, anziché (l'evento meglio farlo a Milano piuttosto che a Roma). Oggi invece, ed è "piuttosto" fastidioso, la parola viene usata per oltre (ho visitato Milano piuttosto che Roma,  Napoli, Firenze).

Quello che succede è che ogni volta che qualcuno mi dice la parola piuttosto con un significato che non corrisponde a quello che ho acquisito e che è confermato dai dizionari, la mia mente è costretta a rovistare nei suoi cassetti per attribuire il giusto significato alla frase nella quale è inserita la parola.
Sarei curiosa di capire come questo sia successo. 
Immagino che dipenda dalla scuola che a un certo punto, attraverso i suoi insegnanti più pseudo moderni, si è messa ad utilizzare questa parola attribuendole un nuovo significato. 
Anche qui, abbiamo o, meglio, hanno (io mi rifiuto) seguito l'onda.
O, forse, questo nuovo significato ha preso piede quando c'è stato l'avvento, anzi l'invasione, dei nuovi yuppie (ve li ricordate? Quelli vestiti tutti uguali che giocavano a fare i manager?) negli anni '90.

Ci sarebbe da dire molto anche sulla parola solidarietà. Ma quella la rimandiamo ai prossimi post. 
Merita una riflessione ancora più profonda perché lì non è tanto il significato letterale quanto quello più ampio morale e umano.
Continuate a seguire Officine Editoriali e commentate se anche a voi non sembra così.

domenica 18 marzo 2012

Le chiare connotazioni di Officine Editoriali.

Man mano che andiamo avanti, si delinea sempre più anche il carattere di Officine Editoriali: chiaro, forte, senza compromessi e lontano dalle chiacchiere.
Le chiacchiere che alimentano e circondano tutto e il contrario di tutto. Così ci sentiamo tutti intellettuali, molto intellettuali, colti, sapienti invece che saccenti, quali in realtà siamo.

Officine Editoriali è uno strumento a nostra disposizione. Per parlare, per ascoltare, per scrivere, per leggere, per gridare, per denunciare, per correggere, per modificare, per lottare.
Fuori dagli schemi dell'editoria, speriamo e vogliamo. Lontano dagli stereotipi che popolano questo mondo e che quasi sempre sono ai margini della vera cultura, cioè quella di chi non sa, quella di chi è ignorante e dunque aperto ad imparare ogni cosa. Guai ai colti e agli intellettuali che di ciò hanno fatto il loro status symbol.
Intollerabili! E, soprattutto, pieni di parole inutili, di bla, bla, bla.
Officine Editoriali ripudia e rifiuta i bla bla. Chi è con noi guarda a ben altro e cerca di sperimentare diversamente, riscoprendo la realtà, l'umanità, la vicinanza, l'uguaglianza con gli altri. Ciò che può arricchirci davvero perseguendo obiettivi che non dobbiamo esibire a nessuno.

Se condividete i nostri pensieri, continuate a seguirci su questo blog. Da questo blog saprete quando ci trasferiremo sul sito ufficiale e conoscerete tutti i cambiamenti. Dal sito ufficiale continueremo ad interagire con voi ma sarà anche più divertente avendo più sezioni a disposizione.
Prima della nascita ufficiale di Officine Editoriali è importante che continuiate a seguirci e a supportarci.
Grazie!