Allora, tra Apple
e Amazon in realtà non si capisce chi ha fatto peggio per
arricchirsi ai danni dei poveri lettori o utenti finali o fessi che
vogliate chiamarli.
Perché questa è la
realtà anche se ora c'è di mezzo il DOJ (Department of
Justice), il Ministero della Giustizia statunitense, a cercare di
risolvere un problema creato, manco a dirlo, per avidità personale.
Lo aveva confessato Steve
Jobs proprio al suo biografo prima del lancio del primo iPad, nel
2010. Fino a quel momento, come spiegano Thomas Catan e
Jeffrey A. Thachtenberg in una intervista al Wall Street
Journal “...gli editori vendevano i libri ai rivenditori a
circa metà del prezzo di copertina raccomandato. Utilizzando quel
modello di vendita all'ingrosso, i venditori erano poi liberi di
vendere quei libri ai loro clienti a un prezzo inferiore rispetto a
quello di copertina, se lo volevano. Buona parte dei libri di carta
sono venduti così.”
Perciò Amazon
adottò una politica aggressiva dei prezzi, quella che fu comunque
poi definita pro customer. Certo aveva il suo tornaconto perché così
i clienti erano incoraggiati ad acquistare il Kindle di sua
proprietà.
Gli editori cominciarono
ad agitarsi per il timore che i lettori si abituassero ai prezzi
bassi degli ebook.
Entra in ballo allora
Apple che decide di stringere accordi con diverse case
editrici. Un accordo di nuovo modello commerciale secondo il quale
Apple avrebbe trattenuto il 30% da ogni operazione commerciale
con i lettori. Era vantaggiosa per gli editori ma questi non
avrebbero dovuto vendere gli stessi libri a prezzi inferiori agli
altri rivenditori.
Dunque il DOJ pensa
che questa sia stata una operazione truffaldina per far lievitare i
prezzi degli ebook ai danni dei lettori.
Bella grana per il DOJ
perché per quanto la rigiri è sempre evidente il tornaconto
personale. Quando potremo smettere di guardarci le spalle?
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