domenica 13 gennaio 2013

Letteratura del lavoro: disoccupati si raccontano

E chi meglio di loro potrebbe parlarne? Nessuno. E noi di Officine Editoriali lo sappiamo bene, sia per vissuto personale (siamo degli esperti), sia perché di questo argomento abbiamo fatto uno degli elementi portanti della casa editrice.

Abbiamo avuto modo di dire tante volte, in tante occasioni e ancor prima che Officine Editoriali venisse alla luce, che siamo sensibili al disagio nelle sue varie sfaccettature e siamo attenti alle situazioni personali. 
Perciò non abbiamo tralasciato di osservare una fetta della popolazione che risponde ai disoccupati over 40 e 50. Persone di cui si cominciava a parlare solo qualche tempo fa, anche se le loro disgraziate vicissitudini si registrano da parecchi anni, e che ora ogni giorno assurgono alla cronaca nazionale anche per numero di suicidi, non facendo, ahinoi!, nemmeno più tanta notizia. 
Vuoi che siano lavoratori dipendenti, vuoi che siano imprenditori, questi esseri umani (e questo lo vorrei sottolineare) rientrano in quella fascia di persone che sono letteralmente cadute sotto la scure della crisi. 
Una cosa, la crisi, che non si vede ma che si sente e solo chi la sente sulla propria pelle è deputato a parlarne, secondo noi. 

Per questo motivo, ci occupiamo di letteratura del lavoro così come, ormai da qualche tempo, fanno anche diversi scrittori (Aldo Nove, Silvia Avallone per fare qualche esempio) e così come, qualche post fa, abbiamo avuto modo di parlarne anche noi a proposito di quella letteratura brutale che vuole collocarsi al di fuori degli schemi letterari attuali. 
Schemi seguiti indefessamente e tenacemente da letterati che vogliono  uscire dalle righe a tutti i costi ma con la pancia piena, vogliono stupire a prescindere, magari accostando l'inaccostabile. 
E così assistiamo a personaggi della cultura che danno fiato alle loro bocche soltanto per "stupire". Così dicono loro. Solo che riescono a stupire soltanto gli "pseudo colti". Quelli con l'espressione compassionevole ai quali invece non gliene frega niente delle situazioni vere, quelle brutali per davvero. 
I famosi radical chic che riempiono i salotti alla moda e che vediamo dappertutto 

E così, questi piccoli escamotage sono gli ennesimi giocherelli nelle mani di questi quattro "acculturati" che però, di questa "accultura" fanno il loro "mestiere" e il loro sostentamento (e che sostentamento!). 
Scusate tutti i virgolettati e scusate se abbiamo creato qualche  neologismo, anche con qualche riferimento e doppio senso, ma sono veramente necessari. 
I virgolettati sostituiscono la parola "pseudo", anch'essa virgolettata, stavolta come se fosse evidenziata, che significa proprio FINTO, FALSO
Ora non so se si capisce meglio cosa vogliamo dire.

Di fatto è ora di fare anche letteratura povera, di non riempirci la bocca con parole che vogliono solo stupire, di non cercare il fantascientifico per obnubilare alla fine solo quelle poche persone che sono alla ricerca del diverso. 
Lungi dal dire che fare letteratura e fare cultura come si è sempre fatto non siano occupazioni nobili. Tutt'altro. 
Solo che alcuni che la fanno risultano particolarmente antipatici. Anche perché, pur di sembrare "diverso" (in meglio, ovviamente), scomoda pure i teatri e si improvvisa "attore".
Ci riferiamo anche al nuovo mestiere dello scrittore di cui parlavamo in uno dei nostri post precedenti, nel quale  affermavamo che lo scrittore è ormai una velina che cerca di "sfondare" per essere più visibile. 
Forse che altrimenti non gli riuscirebbe?

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