venerdì 4 gennaio 2013

I baroni della cultura.

Scopriamo con orrore che le baronìe non esistono solo nel mondo universitario ma, ahinoi!, ormai anche nel mondo della cultura, della letteratura.

Così come nelle università da tempi ormai immemori si costruiscono concorsi attorno alla persona che in separata sede si è deciso di assumere, alla faccia della meritocrazia, così nella letteratura moderna i dinosauri dell'editoria costruiscono il successo di un libro attorno allo "scrittore"

E sottolineiamo successo perché guai ad incorrere in qualche flop (anzi nemmeno in uno solo). 
Tutto deve essere programmato e calcolato in maniera da soddisfare il ROI (Return on Investment), perché non ci siano perdite, soprattutto di denari. 
E allora si pompano ad arte certi contenuti che vengono spacciati per letteratura, sui quali ci hanno messo invece le mani in tanti, editor di livello che hanno "smussato" e amalgamato, ghost writer che hanno subito, diciamolo pure, l'onta di dover prestare a pagamento il proprio intelletto a gente molto meno capace di loro, quasi fossero degli stuntmen

Oh! Sia chiaro...hanno prestato le loro capacità descrittive e di scrittura a personaggi famosi, dello spettacolo, allo star system. Vi pare poco?

Non sappiamo se sia poco o no...sappiamo con certezza che è triste, squallido, malinconico. 
Ancor più se pensiamo agli utenti, ai "lettori", a cosa viene loro propinato. 
Poi ci chiediamo 
"Come mai non crescono i lettori in Italia? Come facciamo a generare nuovi lettori, a rendere lettori forti coloro che leggono solo sporadicamente o, nientemeno, a creare nuove generazioni di lettori?" 
Non possiamo! Semplicemente! 

Noi vogliamo solo fare i soldi e non ce ne frega niente dei lettori che ci sono, di quelli che verranno, del livello della letteratura e, anche, del livello di impoverimento al quale contribuiamo.
Allora va bene così! E' ciò che ci meritiamo. 

E se da una parte è maledettamente vero, dall'altra parte alcuni, pochi,   non ci stanno molto e, a costo di suicidarsi, tentano una voce fuori dal coro. 
E' per questo che noi di Officine Editoriali tentiamo di creare e difendere quella che noi chiamiamo la letteratura "brutale", quella fatta da coloro che hanno qualcosa da dire e la dicono male. Ma allora...se lo può fare gente insospettabile, che finora non avresti mai creduto di vedere mascherata da scrittore, perché non potrebbe farlo un ragazzo di seconda generazione, un disoccupato over 50 o uno qualsiasi che semplicemente pensa di voler dire qualcosa. 
La letteratura "brutale" riguarda il gradino più basso della cultura? 
Sì, se riconosciamo la cultura un prodotto d'élite, un prodotto classificabile dunque un prodotto scalabile (con una scala da percorrere per arrivare al gradino più alto, più prestigioso, più ambizioso). 
Scendiamo da quel piedistallo dal quale finora abbiamo pensato di avere qualcosa da insegnare agli altri, come se fossimo i portatori della luce divina. 
Non utilizziamo la letteratura come l'ennesimo strumento di discriminazione. 
Soprattutto, non ci nascondiamo dietro ad essa come uno scudo a proteggere le nostre debolezze di carattere e di personalità.

Forse siamo votati all'emarginazione, al rifiuto da parte degli altri ma noi pensiamo che molto deve essere cambiato anche nel magico mondo della cultura. 
Il guscio deve aprirsi ed offrirsi a tutti. 
Forse i lettori ci sono ma non li vogliamo trovare.

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4 commenti:

  1. Il tema è stato affrontato recentemente presso la camera di commercio di Milano nell'ambito del festival della letteratura. Ho sollevato io il problema oggetto del post di Mara evidenziando come oggi le grandi case editrici non facciano marketing sul libro ma sul personaggio che lo ha scritto, spesso proveniente dal mondo dello sport o dello spettacolo. Il risultato è che la qualità del libro (contenuti, stile, tecnica narrativa, etc) scade in secondo piano mentre il primo piano c'è il personaggio che si atteggia più o meno ad alternativo il quale talvolta non fa altro che prestare il proprio nome a un' opera scritta da un ghost di talento. La colpa di tutto ciò? Mi spiace dirlo ma è dei lettori: basta non comprare i libri scritti dalla velina o dal calciatore o dal personaggio televisivo e questa pratica nefanda finirebbe molto rapidamente. Ben vengano allora le piccole case editrici o il self publishing che pubblicano sconosciuti o quasi badando solo al valore letterario e tematico di un'opera.

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  2. Sono d'accordo con te Marco, assolutamente. A volte mi chiedo se siamo i soli ad avere queste riflessioni o se non sono anche gli altri a riflettere. E quando dico gli altri, intendo coloro che creano le tendenze, che le studiano a tavolino e sanno già dove vanno a parare. Per questo non sono d'accordo solo nell'ultima parte del tuo commento, quando dici che la colpa è dei lettori. Io li giustifico. Per tutta una serie di motivi per i quali, alla fine, possono trovarsi d'accordo a comprare e leggere un determinato libro. Non giustifico invece l'istigazione a fare certe cose e soprattutto quando il fine ultimo è l'avidità, la cupidigia. Questo mio voler insistere sull'avidità personale può sembrare stucchevole, la solita romanticona e sentimentalona che si rifugia in sentimenti obsoleti o che non si appellano più in questo modo. Ora hanno altri appellativi ma la sostanza rimane quella. E poi...torniamo pure alle parole classiche delle quali finora...abbiamo avuto una paura tremenda. Quello che voglio dire alla fine, usando una metafora, è "chi è più colpevole? Chi commette il fatto o chi fa la spia?" Io sono del parere che chi fa la spia va sempre punito. E' una battuta naturalmente ma aiuta a identificare i veri colpevoli.

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  3. Purtroppo vedo sempre più di frequente una specie di corsa all'omologazione nella foga di essere come è la maggior parte. In questo la televisione ha giocato e gioca un ruolo fondamentale. Mi spiace notare che questa corsa al conformismo non risparmia nemmeno la narrativa (per ora si salvano ancora saggistica e poesia): tutti vogliono leggere quello che leggono tutti perché la maggioranza ha sempre ragione (si veda l'esempio delle 50 sfumature)oppure, ed è la stessa cosa, si ha paura di essere sé stessi. Di base a mio avviso c'é una certa pigrizia mentale perché è molto più facile lasciarsi trasportare dal main stream che affermare con fatica la propria originalità comprando un prodotto "intuitivo". Non c'è alcuna voglia di rischiare da parte dei lettori e quindi sempre gli stessi autori, gli stessi generi, la stessa letteratura così banalmente livellata dal politicamente corretto imposta dai grandi editori. Insomma, una noia mortale.

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  4. Io aggiungo anche che, oggi più che mai e sempre di più, si corre alla ricerca del "sensazionale", della parola o della frase che più stupisce, più che colpire. Insomma il volersi elevare a tutti i costi. Poi si creano i nomi, che qui non faremo, anche per evitare accuse, attorno ai quali si costruisce perfino una carriera. Non so quanto onorata, anzi, ma una carriera che sicuramente darà di che vivere. Io non so come ha funzionato per le 50 sfumature in Inghilterra dove, per esempio, per gli ebook non fanno assolutamente la politica che stanno facendo in Italia, tant'è che al momento è il mercato digitale europeo più cresciuto e più promettente. Però mi pare di capire che anche lì, per il caso editoriale dell'anno e magari anche per gli anni futuri, si studi a tavolino, si effettuino le ricerche di mercato e infine si tiri fuori il prodotto (non è un caso che oggi un libro si chiami prodotto, infatti)che avrà il successo calcolato. La casalinga autrice delle 50 sfumature....non so quanto abbia capito di ciò che le è successo. E non so nemmeno se le sfumature sono tutte farina del suo sacco. Ma anche questa è omologazione, come giustamente dici tu, Marco. Per favore, torniamo ai vecchi, cari e poco eclatanti autori che, con parole semplici, ci descrivevano un mondo possibile che talvolta rientrava prepotentemente in quello reale.

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